IL CAPOLAVORO

(Mondadori, 2017)

Ushuaia, 1978. Cristina Torres è una bella ragazza ventottenne che fa la guida alpina sui ghiacciai. Tornando a casa dopo un’escursione scopre che la madre è stata uccisa e il padre è scomparso, mentre un altro misterioso omicidio avviene nella apparentemente tranquilla cittadina della Terra del Fuoco. Tra Cristina e il padre Roberto c’è un rapporto molto speciale da quando l’uomo l’ha adottata all’età di cinque anni e l’ha educata con infinito amore e dedizione per farne il proprio “capolavoro”. Decisa a ritrovarlo a tutti i costi, Cristina parte per un viaggio che la porterà dalla Patagonia fino a Buenos Aires, attraverso un paese oppresso dalla dittatura di Videla.
In parallelo seguiamo le vicende di Dominic Klammer, un neurologo che nella Germania nazista prende parte al progetto dell’Aktion T4 nel castello di Hartheim, cercando di contrastare il protocollo volto all’eliminazione dei malati di mente. La sua è una lotta silenziosa, clandestina, che gli permette di salvare molte vite. Nel 1945, quando Berlino è assediata dalle bombe e i russi sono alle porte, Dominic conosce la dolce Magdalena che lo salva dalle macerie. La sua vita è a una svolta.
A Buenos Aires, intanto, Cristina si stabilisce dall’amica Manuela e continua le ricerche del padre e dell’assassino della madre, aiutata in parte da Andrès, un poliziotto di Ushuaia da sempre innamorato di lei. Niklas, il fratello di Manuela, è un ragazzo dal fascino oscuro, ed è un membro dei Montoneros, i ribelli che organizzano azioni contro i militari: Cristina è attratta da lui, al punto da mettersi nei guai.
Dalla Seconda guerra mondiale alla vicenda delle Isole Falkland nei primi anni Ottanta, Cinzia Tani imbastisce con la consueta abilità e passione una storia in cui le vite dei protagonisti si snodano sullo sfondo di una precisa, vivacissima ambientazione storica, tra colpi di scena e avventure, in una vorticosa rincorsa verso un finale mozzafiato.